La banda ultra larga fa rinascere Pieve di Cento distrutta dal terremoto

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A volte la via per uscire dalla crisi del dopo-terremoto può assumere le sembianze virtuali di un’autostrada digitale. Come nel caso di Pieve di Cento, piccolo comune di settemila abitanti a una trentina di chilometri da Bologna, che ha da poco inaugurato il primo lotto di una nuova rete a banda ultra larga con tecnologia FTTH (Fiber To The Home) che porterà la fibra ottica direttamente nelle case e nelle aziende pievesi. Un’operazione che insegue il modello di smart city ma che vuole soprattutto diventare un possibile esempio per ogni comune italiano con poche migliaia di abitanti. Di mezzo c’è un piccolo operatore privato, Nexus srl, e l’aiuto fondamentale di Lepida SpA, la società costituita dalla Regione Emilia Romagna per la la gestione delle telecomunicazioni degli enti locali, oltre al netto sforzo di sburocratizzazione da parte dell’amministrazione di Pieve di Cento. Il risultato finale è il cablaggio dell’intero paese senza che il comune sborsi un euro. Il piccolo comune dell’Emilia torna a nuova vita e si propone come modello di ricostruzione Secondo le direttive comunitarie il 100% del territorio italiano dovrebbe venir coperto dalla banda ultra larga a 30 Megabit al secondo entro il 2020, primo gradino per poter passare poi ai 100 Megabit. Come sappiamo, però, siamo decisamente in ritardo coi tempi. E se la situazione è difficile anche nelle grandi città, diventa spesso critica nei piccoli comuni, per lo più esenti dagli interessi di mercato degli operatori. Un esperimento come quello di Pieve di Cento, se andrà a buon fine, potrebbe allora essere un modello facilmente esportabile per colmare il digital divide del nostro territorio.

Solo due anni fa Pieve di Cento venne duramente colpita dal sisma che fece tremare Emilia, Lombardia e Veneto. Venti milioni di danni stimati, la cupola della Colleggiata di Santa Maria Maggiore a terra, la scuola primaria Edmondo De Amicis inagibile. Oggi il comune cerca il riscatto proseguendo un percorso iniziato già prima del terremoto. “Abbiamo sempre puntato a essere un laboratorio di innovazione”, racconta Alessandro Pirani, assessore comunale allo sviluppo economico, “e dopo la rete civica, il wifi libero in piazza e l’ADSL via etere, abbiamo deciso di intraprendere questa nuova sfida”. Tentare di rendere competitivo un territorio “di provincia” e farlo dopo un terremoto che ha danneggiato buona parte degli edifici pubblici e privati non è una scommessa da poco, riconosce Pirani. “Ma è una sfida che si vince solo facendo un investimento in grado di reggere il ritmo e la domanda di innovazione per i prossimi 20 o 30 anni”.
L’unione di forze tra pubblico e privato nel modello-Pieve si articola in questo modo: il comune ci ha messo l’idea, e la disponibilità gratuita dei cavidotti della pubblica illuminazione (i tubi sotterranei, in pratica), snellendo i passaggi burocratici. La Lepida, società pubblica, ha fornito la banda ultra larga agli uffici comunali di Pieve di Cento (come ormai a gran parte degli uffici della Pubblica Amministrazione dei comuni dell’Emilia Romagna). La Nexus, esentata dal pagamento del canone di occupazione di sottosuolo pubblico, ha deciso di investire a spese proprie nella realizzazione del cablaggio finale che farà arrivare la banda ultra larga a case e aziende del territorio: 30 Megabit al secondo per le utenze domestiche, con possibilità di ampliamento della banda e di intervento sul mercato da parte di altri operatori concorrenti di Nexus, sia per stendere la propria fibra ottica sia per utilizzare, sotto canone, le infrastrutture esistenti. “Fino a ieri un piccolo operatore non avrebbe potuto fare quello che sta facendo Nexus, la normativa non prevedeva questa possibilità”, spiega Pirani. “Oggi Pieve di Cento può diventare un modello per i piccoli comuni dell’Emilia, e sono circa 300, se connessi da Lepida. È possibile replicare il nostro esperimento da subito, basta che si creino le giuste condizioni. Ci vuole un’amministrazione sensibile, che faciliti le cose”. Dall’annuncio del progetto (denominato Pieveloce) a oggi sono passati pochi mesi, e i piani prevedono la connessione del 50% del territorio comunale entro fine anno. Dal momento che l’investimento è totalmente privato, i ritmi di ulteriore diffusione dipenderanno da come reagiranno le utenze, e quindi sostanzialmente dal numero dei contratti che verrano firmati. Non sappiamo ancora se l’esperimento avrà successo o meno, quindi, ma intanto Pieve di Cento sembra aver trovato la giusta misura – e una possibile soluzione – per l’innovazione su piccola scala.